Attacchi di panico: cosa sono e come gestirli

Si trova su una macchina, è dalla parte del conducente. Chiude lo sportello. Controlla che il freno sia alzato bene, si siede comodamente e pensa: “Posso farcela!” Guarda lo specchietto retrovisore e tutto tace.  Pensa: ” In fondo è tutto tranquillo! che problema potrebbe esserci?”
Decide di partire! Mette la cintura, riguarda gli specchietti. Ricontrolla la cintura. Guarda la strada davanti e dietro fa un sospiro e dice tra sé e sé: “Ma sì!!! Che cosa può succedere!! In fondo lo fanno tutti! Mette la retromarcia, guarda dietro e parte. Si ferma, prima di mettere la prima ci riflette esitante.


Inizia a sentire incalzanti sensazioni di ansia, tremori, palpitazioni, inizia a pensare che forse non ha valutato bene la cosa, le domande iniziano a crescere, ad aumentare. I pensieri si fanno sempre più scalpitanti, più incisivi più ansiosi.
“Ma starò facendo la cosa giusta? Ma sono pronto? Ma è il caso?”

Forse potrei aspettare un altro po’! Nessuno mi impone di farlo! In fondo non c’è fretta!  Perché costringermi a fare qualcosa che potrebbe crearmi un gran danno! Che potrebbe farmi stare molto male! Che potrebbe indurmi un attacco di panico!
L’ ultimo è stato tremendo!!!  Lo ricordo come se fosse ieri, da allora non ho più preso la macchina, perché dovrei farlo oggi! In fondo posso aspettare, in fondo non è urgente quello che dovevo fare, in fondo…aspetterò!

Questo è quello che succede, nella mente di chi ha avuto un attacco di panico, quando prova nuovamente a sottoporsi a quell’evento. Il solo pensiero di stare in quel contesto crea agitazione. L’idea di riprovarci attiva il ricordo dell’evento traumatico e l’ansia inesorabilmente sale.

Le reazioni che si hanno di fronte alla paura variano da soggetto a soggetto e vengono regolate chimicamente dal sistema nervoso. Come dimostrano i ricercatori dell’università di Losanna (Svizzera) i nostri comportamenti rispetto alla paura sono da attribuire ad un ormone, l’ossitocina. Quest’ultimo è rilasciato dall’ ipofisi ed è in grado di diminuire la reazione di blocco che si può avere di fronte alla paura.
Quindi nonostante le reazioni fisiologiche all’interno dei corpi restino inalterate, un aumento di ossitocina porterebbe a comportarsi con disinvoltura di fronte al pericolo. La differenza di comportamento è da rintracciarsi a livello dei recettori dell’ossitocina. Più elevato è il livello di sensibilità di tali recettori più sarà rapida la capacità di reazione dell’individuo.
Quando questi recettori sono poco sensibili o c’è una quantità di ossitocina ridotta nell’organismo sembra che si abbia maggiore difficoltà a gestire la paura, con tutto quello che ne deriva a livello emotivo, cognitivo, sociale, comportamentale, ecc.

La “strategia” che spesso, chi ha avuto un attacco di panico, utilizza è l’evitamento. Si pensa ” Evito questa specifica situazione così riesco ad evitare anche l’attacco di panico”.

In realtà l’evitamento conduce automaticamente all’aumento della sintomatologia, perché ogni volta che ci avvicineremo alla macchina (in questo caso) andremo a sperimentare lo stesso livello di ansia se non superiore, che provammo l’ultima volta in cui ci entrammo in contatto. 

Se invece si riesce ad analizzare l’evento e ci si mette nella condizione di sperimentare una piccola quantità di ansia per volta, che gradualmente andrà ad aumentare, questo renderà la condizione accettabile e quindi sopportabile.

La carta vincente quindi non è evitare la situazione che ci ha condotto all”attacco di panico ma sottoporvici “gradualmente“.

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